1946

Sono anarchico dal 1946. Per esattezza da quando sentii pronunciare da Benedetto Croce – in Milano, nel palazzo liberale di Corso Venezia, per un corso di filosofia politica – le affermazioni che riporto.

«Se il genere umano ha cominciato la sua storia con l’anarchia della vita selvaggia, e se per negazione di queste è passato nel corso dei secoli attraverso le varie forma dello stato, … deve mettere capo a un ritorno all’inizio (negazione della negazione), all’Anarchia, ma resa pura e armonica e razionale dopo la secolare e millenaria maturazione dell’esperienza statale».

Mi proponevo di prendere atto della situazione sociale in cui vivevo e di comportarmi in modo tale da contribuire a modificarla in senso libertario.

Assunzione di responsabilità, rifiuto della violenza, rispetto dell’altro (libero io se lui libero), disobbedienza (è l’iniquo obbedire a leggi inique), sono i principi cui ho cercato di attenermi in ogni mia azione ed iniziativa.

Sovversione

Quanta paura in questa parola. Chiusi in singolari gabbie e sospesi nell’aria ammorbante, avremmo la possibilità di salvarci?

V’è da essere terrorizzati. E non vuoi cambiare sin dalle radici? Mi sembra ragionevole – da che tutto è male o è fatto male – sovvertire.

Riprendiamo a vivere, senza violenza alcuna, con la sola accettazione di concetti elementari e proprio per ciò indiscutibili. L’uomo ha solo dalla terra ciascuna delle reali possibilità. Averne rispetto, chiederle di darci l’acqua e il pane, l’olio di oliva e il vino, quant’altro è necessario per una vita serena, è l’unica via.

Presenza anarchica

La presenza anarchica dovrebbe essere ovunque (anche negli stati peggiori).

Io anarchico prendo atto della legge in atto, fosse pure la peggiore, delle norme, delle disposizioni, con l’affermazione: ne prendo atto con lo scopo di avversarla, senza l’esercizio neppur minimo della violenza, sino al suo sovvertimento.

Non passa giorno, non ne passa uno solo, che uomo civile non si debba indignare.

Indignare é poco. I fatti che avvengono in ogni luogo del mondo – qualsiasi sia stata e sia la sua storia, la cultura, la religione, l’economia, il costume, il clima, quant’altro – indignano, sconvolgono, gridano vendetta.

So nulla, nulla di nulla, proprio nulla di politica. So di contro che l’uomo giusto – perché rispettoso della libertà, sua e dell’altro – per secoli e secoli ha commesso l’errore di cercare la vendetta col ricorso alla violenza. Sempre uno il risultato: il fallimento.