Stare ad ascoltare Luigi Veronelli è già di per sé un’esperienza. Il suo tratto inconfondibile ha trasformato il semplice fatto gastronomico in narrazione; nel suo sapiente raccontare un vino diventa poesia, un piatto letteratura. Enodissidente, gastroribelle, anarchico per vocazione lirica e politica, Veronelli resta tra i nostri esperti gastroenologici non solo il più noto a livello nazionale ed internazionale, ma indubbiamente il più colto, il più impegnato e per fortuna il meno accademico.
Con lui abbiamo chiacchierato degli argomenti che gli stanno più a cuore: dalla difesa della qualità dell’olio, alla proposta della Denominazione Comunale (De.Co.), all’importanza del packaging come veicolo di informazione.
Quest’anno Veronelli compie 78 anni: ma non ha certo rallentato la sua instancabile attività di agitatore di temi all’ordine del giorno, come la difesa della qualità, l’attenzione alla terra, il rifiuto dell’omologazione alimentare, beni di non minore importanza di quelli artistici e ambientali.
D. Luigi, dove sei stato a febbraio?
R. A Monopoli, in Puglia, abbiamo manifestato contro il commercio di oli di nocciola prodotti all’estero e smerciati in Italia, che poi le multinazionali trasformano in olio extravergine d’oliva. E’ stato bellissimo, c’erano centinaia di giovani e, devo dire, la cosa che più mi ha sorpreso è che le forze dell’ordine sopraggiunte erano solidali con noi. Bisogna dire che l’80 % del mercato dell’olio d’oliva è in mano alle multinazionali; le navi cisterna “trasformano” – con tranquilla truffa legalizzata – durante il percorso verso l’Italia, il loro carico di olio di semi in olio extravergine d’oliva.
Non si tratta di un miracolo, basta falsificare le carte. Poi chi ci rimette sono i consumatori e gli olivicoltori. Il commercio di questi oli nuoce gravemente al patrimonio del nostro Paese; devi sapere che in Italia abbiamo qualcosa come 400-500 cultivar – si dice cultivar la varietà dell’ulivo – contro la decina della Spagna e del Portogallo; è una grande ricchezza, che rischia riandare perduta se non viene tutelata adeguatamente.
Perciò abbiamo creato il progetto L’olio secondo Veronelli; per fare come nel vino, individuando olio per olio le caratteristiche, che devono essere legate al territorio d’origine degli ulivi.
D. Avete anche creato una fascetta apposita da collocare sulle bottiglie…
R. Certo, per una tracciabilità del prodotto. Sull’etichetta vanno riportate tutte le informazioni chiave per conoscerne la storia e la qualità, il lotto di produzione, il numero progressivo della bottiglia e il mese di imbottigliamento. E’ logico che oli così possono costare anche molto di più di un olio che trovi al supermercato, ma occorre pensare all’impegno, e anche alla fatica che gli olivicoltori che scelgono questa strada devono sobbarcarsi, alla ricerca di un alimento unico e ogni volta diverso per sapore e caratteristiche.
D. Molto spesso però le etichette degli alimenti possono risultare incomplete, o poco chiare…
R. E’ per questo che noi invece le prendiamo tanto sul serio. Sai, un buon consumatore deve ormai essere critico, deve diventare un buon lettore. Cioè deve essere uno che abbia sviluppato, diciamolo pure, la famosa coscienza critica, deve essere attento lui per primo a quello che consuma, e bisogna che sappia leggere bene le informazioni riportate sulla confezione…
D. …quindi il packaging ha la sua importanza.
R. Ne ha moltissima; ma non solo la confezione, anche le forme in cui un cibo o un vino vengono assaporati. Pensa all’importanza che possono avere i bicchieri nel gesto di degustare un vino! questa è una cosa che mi è sempre stata molto a cuore, ho persino progettato bicchieri appositi, insieme a vari designers – Achille Castiglioni, Silvio Coppola, Giacomo Bersanetti, altri ancora – per esaltare proprio l’assaggio.
Un vino prodotto secondo certi canoni ha bisogno del bicchiere adeguato; se il bicchiere è concepito in maniera corretta, l’insieme delle sensazioni che un vino può dare si percepisce meglio. Chi non conosce il vino, si limita a versarlo e a berlo; io invece dico che prima bisogna guardarlo, ammirarlo, lasciarsi conquistare dal profumo, dall’aroma, e poi, come ultima cosa, assaporarlo. E’ un itinerario complesso, ma in questo consiste il piacere del bere, e della tavola.
D. Sarà per questo che oggi va tanto di moda “scaraffare” il vino nel cosiddetto decanter?
R. Ma guarda, invece devo dirti che il decanter serve a poco, anche se fa molto “intenditore”… in realtà è un oggetto riservato a pochissimi vini particolari; ti posso dire che su cento vini della mia cantina [che comprende circa 70.000 bottiglie, n.d.r.!] ce ne sarà uno che è necessario versare nel decanter; anche perché è un’operazione delicata, si rischia di “rompere” il vino, di “casser” come dicono i francesi, di disarticolare il bouquet, il complesso insieme delle qualità organolettiche… Ma posso dirti che sto progettando un decanter che superi il problema…
D. Insomma, anche i contenitori hanno la loro importanza, incidono sul contenuto
R. Sì, senz’altro; un bel bicchiere esalta la qualità del vino. O una bella etichetta… Non tutti sanno che ci sono etichette disegnate da grandi artisti come Pablo Echaurren o Salvo; Sandro Chia, un protagonista della Transavanguardia, si è addirittura dato alla produzione di un Brunello di Montalcino, di cui disegna anche le etichette…e si tratta anche di un buon Brunello. Ne ho parlato anche con lui; pensa che le annate migliori sono quelle in cui lui c’è, quando partecipa alla produzione. Questo ti fa capire la delicatezza di una produzione come questa. Anche fare il vino è un’esperienza d’arte.
D. Ma cos’è il piacere secondo te?
R. A tavola non esiste un piacere unico, il piacere è una realtà sempre diversa, sempre in divenire, è una sommatoria di piaceri, anche complessi. Il piacere, grazie al cielo, è una continua evoluzione. Se consideri il vino, cinquant’anni fa erano pochissimi i produttori che vinificavano bene; oggi siamo di fronte ad una realtà complessissima, ci sono vinificatori eccezionali, aziende di alto livello, ricerche sui vitigni, sulle tecniche di imbottigliamento e conservazione… ci sono dei miei giovani allievi, ragazzi di sedici anni, che hanno una capacità di giudizio e di gusto eccellenti, che ormai mi superano! I soldi non significano di per sé qualità, non è il denaro la cosa che prevale nel fatto gastronomico, è la scelta; una patata scelta, coltivata nel suo territorio, anche se la assaggi non condita può essere eccezionale.
L’importante è essere attenti, essere svegli, seguire le evoluzioni dei prodotti, saper scegliere in autonomia. Il progetto, che stiamo sostenendo, della Denominazione Comunale ha questo significato: è una pratica concreta per contrastare le truffe e valorizzare i prodotti del territorio. Con le De.Co. il sindaco di ogni comune ha il potere notarile di certificare l’origine e la tracciabilità del prodotto.Inoltre sull’etichetta dovrebbe essere indicato il prezzo-sorgente, per evitare speculazioni; un conto è che i vini, giustamente, abbiano prezzi diversi, un altro è che raggiungano prezzi spropositati o ingiustificati. Anche questo è uno strumento per tornare al riconoscimento della cosa comune, dall’aria, all’acqua, al cibo, fino alla produzione di beni immateriali e alle reti.
Introduzione e intervista di di Marco Senaldi