Leggo, nell’articolo di Gianmichele Portier, ABBINAMENTI Un vino per il piatto? Meglio un piatto per un vino (rubrica Gusto e dintorni, su Giornale di Brescia.it):
“Cibo e vino, tema sempre attuale e discusso da esperti e neofiti, dunque meritevole d’un approfondimento almeno sullo stato dell’arte tra i sommelier.
Un piccolo viaggio che cominciamo con questo primo articolo d’una serie che completeremo nelle prossime settimane.
Vino bianco con il pesce e rosso con la carne.
Non c’è un vero buongustaio al mondo che sia fermo a quella semplice (e spesso fuorviante) regoletta.
Come minimo ci si affida al metodo Mercadini, quello adottato dall’Ais che si basa essenzialmente sul contrasto, salvo che per i dolci dove predilige la concordanza. Il metodo resta un punto di partenza solido.
Godono di ottima salute tra gli appassionati le intuizioni di Veronelli: l’abbinamento di territorio (tipico Lambrusco e salumi) è considerato un riferimento persino più di moda di quando lo suggerì il grande Gino.”
Il tema mi riporta alla mente quella geniale metafora coniata da Veronelli sul tema dell’abbinamento cibo-vino, Matrimoni d’amore (che divenne poi titolo d’uno dei suoi libri di maggior successo), con la messa a punto d’un “sistema di riferimento”, con accostamenti ora canonici ora audaci, tuttavia con il proposito dell’armonia. Suo assioma di fondo:
“Il sapore di un cibo, quasi sempre, scopre le qualità di un vino e le esalta; a loro volta le qualità di un vino completano il piacere di un cibo e lo spiritualizzano…
Un cibo, un vino; uno, qui, ben determinato, con uno altrettanto bene determinato.
Come succede nei matrimoni, tra vini e cibi esistono incompatibilità di carattere; vanno quindi sposati con giudizio”.
Gian Arturo Rota