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Dino ed Eugenio Fontana
Terra, uomini e passione: tre parole che riassumono i 50 anni di Tenuta del Buonamico.
Uomini diversi ma uniti dalla stessa terra e dalla stessa passione per il vino, quello di Montecarlo.
La famiglia Fontana – Dino ed Eugenio – festeggiano i 50 anni di una storia che è iniziata nel 1870 quando il viticultore montecarlese Giulio Magnani portò dalla Francia una serie di viti di diverse varietà per verificarne il loro ambientamento nel terroir di Montecarlo.
Sauvignon, roussanne, sémillon, pinot bianco e grigio, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon e syrah si ambientarono così bene da rivitalizzare sin da subito i vini di Montecarlo, valorizzando al meglio un terroir con vini che parlano la lingua della loro origine.
La famiglia Fontana ha dimostrato coraggio e passione nello scegliere di lavorare in Montecarlo, una terra vocata per la sua posizione in collina, per la sua vicinanza al mare e piena di sole. E iimpegno per raggiungere alti livelli produttivi.
La ricorrenza viene celebrata con una edizione anniversario del sangiovese 2010 invecchiato nelle tre migliori barrique della cantina. Una edizione limitata che rappresenta un traguardo ma anche un punto di partenza per la creazione di altre edizioni speciali che ogni anno continueranno a ricordare il lavoro di Tenuta del Buonamico.
Questo il comunicato stampa.
Io “celebro” il cinquantesimo con la riproposta di un articolo di Veronelli comparso su L’Espresso, agosto 1992:
Gli assaggi dei tre ultimi vini della Fattoria del Buonamico – Vasario 1991, Syrah 1990 e Cabernet Sauvignon più Merlot 1990 – tutti e tre ancora in crescita, mi hanno memorato, per la loro ricchezza, una recente dichiarazione di Juan Luc Godard, relativa al suo capolavoro Un bout de souffle.
Terminate le riprese, Godard si accorse che durava tre ore ed era disperato; non sapeva più cosa fare.
Decise di tenere solo quello che gli piaceva, e di tagliare il resto.
Se un personaggio entrava in una stanza e la scena seguente non lo soddisfaceva, la tagliava: l’uomo entrava e basta. O al contrario, se la scena in cui entrava nella stanza non piaceva, mentre era bella quella seguente, non si preoccupava affatto di come l’uomo fosse entrato, e correva il rischio che lo spettatore non capisse.
Ne uscì il suo film migliore.
Potrei consigliare ai tre produttori – Rina Berti e Franco e Vasco Grassi – di quei tre vini, di comportarsi come il celeberrimo regista? No proprio: ciascun vino è una creatura di singolare individualità alla cui nascita il buon vignaiolo può solo assistere con gesti ed interventi delicati e mai con la violenza dei tagli.
Un film vive delle sue proiezioni; le sue immagini sono lo strumento per esprimere il messaggio del regista.
Il vino ha in sè il suo messaggio di cui il vignaiolo è solo il testimone.
Il Vasario 1991, a base di uva pinot bianco, che segue quello del 1990, peraltro già interessante e carico di sensazioni, ha maggior spalla e maggiore consistenza; è pronto per la messa in bottiglia; ai primi freddi si abbandonerà suadente ai tuoi assaggi.
Gli altri due – con la sola assistenza dei vignaioli senza violenza alcuna – medittino ancora nella magnificenza dei carati.Luigi Veronelli