Di tanto in tanto – televisioni e/o giornali – si ascolta/si legge ancora l’affermazione, non felice, vino = droga.
Mi è ri-capitato ieri pomeriggio, di rientro da un viaggio nel padovano; l’ho sentito, cogliendo casualmente la parte finale di un’intervista su un emittente locale che non ho memorizzato, per voce di un operatore di comunità.
Il problema della dipendenza da alcol esiste e non voglio certo negarlo; tuttavia, non è giusto né accettabile, per noi che il vino amiamo, far risalire il problema al vino in sé; il vino nasce per dare piacere e non, certo: se assunto con intelligenza, per far danni. La dipendenza ha invece altre origini, nel disagio e nella sofferenza; ma, totale rispetto per l’uno e per l’altra, è una storia diversa.
Negli anni novanta, addirittura furono lanciate campagne di demonizzazione vera e propria, con la partecipazione, se non ricordo male, anche di alcune Asll. Le reazioni non mancarono.
Qui sotto, quella di Veronelli, dalle colonne della rivista Il Sommelier Italiano, 1991. (Gian Arturo Rota)
… La prima delle aggressioni cui dobbiamo contrapporci – la più generale, subdola e pericolosa – è portata contro il vino in sé e per sé dalla lobby internazionale della droga.
Forti di capitali immensi, sporchi, e di delinquenza e di sangue, tentano con ogni mezzo di dar credito alla più vile e menzognera delle affermazioni: vino = droga.
Sanno che riuscirvi renderebbe normale, compatibile, accettabile, l’uso appunto della vera droga.
Non passa giorno infatti, che i mass-media – tivvù pubbliche e private, giornali e settimanali – non portino attacchi contro il vino. Tali, la sistematicità e la continuità, da avere conferma: un “grande vecchio” tira le fila, organizza ed orchestra.
E tali, da dover ipotizzare che i venditori di droga – dico anche di quella nascosta nelle bevande più innocenti (dato ch’è fuor di dubbio venire la cocaina dalla coca) – paghino giornalisti indecenti così che si faccia confusione, si “allarghi il campo”, e ne siano protetti.
Tacere? Lasciar perdere? Starcene tranquilli nella nostra coscienza?
E’ il più condannabile degli errori.
Proprio perché sappiamo di lavorare per la vera vita, e non per la morte, dobbiamo rispondere, insultare, a nostra volta aggredire.
Se il vino fosse droga, o maledetti, la civiltà non esisterebbe.
Ciascuno dei grandi, d’ogni arte e d’ogni scienza, dagli albori sino ad oggi – fatte rare, no: rarissime eccezioni – “beveva vino”.
Uniamoci su ciò, sbattiamolo in faccia a ciascuno, pubblichiamolo in ogni dove del mondo: noi lavoriamo per la vera vita, e non per la morte.
Omero beveva vino, Lucrezio beveva vino, Platone beveva vino e Dante, Leonardo, Giotto, Galilei, via all’infinito… Cristo beveva vino.
Luigi Veronelli