Mio Caro Gino,
t’ho detto in ospedale: “è difficile vederti ammalato, ci hai convinti di essere eterno”; mi hai sorriso sicuro, a conferma.
Mi sono illusa, forse ci credo ancora.
Ti so dietro la porta del tuo studio. Indaffarato a scrivere o attento e affascinato all’ascolto di Mozart.
Non entro, non ti voglio disturbare.
Immagino sul tuo volto, il solito sorriso accogliente e mi viene in mente Cicerone: “la coscienza di aver trascorso bene la vita e di aver fatto tante buone azioni è la più grande soddisfazione”.
Per questo sei sempre sereno.
Una cara amica mi ha scritto: “la neve sembra congelare la vita, ma la sta solo conservando per consegnare alla primavera che verrà, più splendida e rigogliosa che mai”.
Non riesco a crederti congelato sotto la neve. Se penso a te, vedo le fiamme rosse nel grande camino di casa nostra. La tua vita è fuoco, dà calore, illumina di toni morbidi e avvolgenti.
Sotto la cenere esiste ancora, è nei tuoi scritti, nei nostri ricordi, in noi stessi.
Lucia Veronelli, figlia